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Incredibile! Dimagrire con il pranzo di Natale! Dr. R Daniele Di Santo – Nutrizionista

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Gli amanti della tradizione se ne dispiaceranno, ma c’è chi anche a Natale non può esimersi dal contare le calorie. Senza esagerare con le restrizioni (è pur sempre un giorno di festa!) si può modificare il menù del grande pranzo inserendo piatti leggeri ma assolutamente gustosi. Potreste proporre un banchetto interamente vegetariano, oppure a base di pesce, mentre cercate di evitare carni molto cotte con sughi e intingoli, e naturalmente limitate al minimo gli alcolici e le bibite.

Per quanto riguarda gli aperitivi i classici sottaceti sono molto poco calorici, quindi via libera a cipolline e cetriolini, mentre fate attenzione alle verdure sott’olio. E’ sempre utile mangiare un bel piatto di verdura cruda prima di cominciare il pranzo, che contribuisce al senso di sazietà. Visto che è Natale, sbizzarritevi con insalatine particolari e variopinte, come finocchi, arancia e olive, oppure lattuga e pere, o radicchio e mela. Come condimento, provate con il succo d’arancia e un goccio d’olio d’oliva, o magari con dello yogurt bianco allungato con olio e sale. Il pinzimonio è un ottimo espediente per mettere qualcosa di light in pancia aspettando i primi piatti, ma se i vostri ospiti sono davvero affamati, potete proporre degli involtini di melanzane: grigliate delle fette sottili di melanzana, mettetevi al centro un trito di pomodorini, capperi e basilico e concedetevi un pochino di ricotta, arrotolate e fermate con uno stuzzicadenti. Anche i frutti di mare sono un ottimo antipasto light, ma ovviamente devono essere freschi e non sott’olio.

Passiamo ai primi. Un’opzione è preparare un piatto a base di brodo vegetale (molto meno grasso di quello di carne) oppure di pesce. Nel primo caso potreste cimentarvi con i passatelli, ricetta tipicamente romagnola non esattamente ipocalorica, ma essendo una minestra ne basta una manciata a commensale. Si tratta di una sorta di ‘spaghettoni’ che si creano mettendo l’impasto nello schiaccia-patate e buttandoli a cuocere 5 o 10 minuti nel brodo. L’impasto si fa con uova, pane grattugiato, parmigiano (nella versione light mettetene poco) e noce moscata. Se preferite la pasta, oltre all’ovvio consiglio di non mangiarne più di 80 grammi, scegliete un condimento poco calorico ma gustosissimo come il tartufo per esempio, che non necessita di soffritti e sughi. In alternativa, potete preparare un risotto con verdure o funghi in versione light: brodo vegetale molto saporito, niente burro, soffritto fatto con acqua e vino bianco.

Per i secondi i consigli vanno dritti verso il pesce al forno o alla griglia, considerate però che l’anguilla o il capitone (tipicamente natalizi in molte zone d’Italia) sono piuttosto grassi. Come seconda portata, potete cimentarvi in sformati di verdure, che utilizzino le patate schiacciate come ‘sostanza’, tipo il gateau napoletano, solo che al posto di formaggi e salumi ci metterete, per esempio, funghi e piselli. Una ricetta leggera, saziante e che garantisce sempre un certo successo è il rosti tipico del nord Europa, a cui possiamo aggiungere una variante mediterranea. Grattugiate patate e cipolle in uguale proporzione nella stessa terrina, lasciate riposare in modo che perdano la loro acqua, e a quel punto aggiungete una manciata di pane grattugiato e origano. Scaldate un cucchiaio d’olio in una padella antiaderente (ne basta pochissimo) e mettetevi il composto schiacciandolo con la forchetta in modo che si compatti e prenda la forma di una frittata. Girate e fate dorare entrambi i lati.

Infine i dolci, vero cruccio del Natale ipocalorico. Torroni e panettoni sono ultra zuccherosi, per non parlare di dolci regionali come gli struffoli. Dessert a prova di dieta non esistono, mettiamocelo in testa, ci si possono però concedere sorbetti alla frutta o al caffè fatti con acqua, frutta secca oppure degli spiedini di frutta fresca da intingere nella panna vegetale (poco zuccherata). Ma in fondo è Natale, dopo tutto l’impegno profuso ai fornelli potete anche concedervi un cioccolatino!

Dr. R Daniele Di Santo – Nutrizionista – Brescia

Scopri l’elisir di lunga vita… ce lo dicono i nostri cromosomi – Dr. R Daniele Di Santo

Spaghetti al pomodoro

Molti lo sospettavano ormai da tempo ma adesso è ufficiale… e a dircelo non sono solo gli studi scientifici a riguardo, ma addirittura i nostri cromosomi… di cosa sto parlando? Ma della dieta mediterranea…è ovvio.

La dieta mediterranea allunga effettivamente la vita. E’ infatti associata alla maggiore lunghezza dei salvavita che si trovano alle estremità dei cromosomi (telomeri), noti per essere associati alla longevità. È quanto mostra uno studio condotto negli Stati Uniti su 4.676 donne presso l’ospedale Brigham and Women a Boston. Pubblicato sulla rivista British Medical Journal, è il primo studio che collega la lunghezza dei telomeri alla dieta mediterranea, già nota per i suoi effetti benefici sulla salute, tra cui la diminuzione del rischio di malattie croniche, come quelle al cuore, e il cancro.

I telomeri si trovano alla fine dei cromosomi e impediscono loro di usurarsi e ‘rimescolare’ i codici genetici che contengono. Nelle persone sane, queste strutture si accorciano progressivamente per tutta la vita, si dimezzando dall’infanzia all’età adulta, e si dimezzano nuovamente nelle persone molto anziane. Telomeri più corti sono quindi associati a una aspettativa di vita inferiore e al maggiore rischio di malattie legate all’età.

Fattori come obesità, fumo di sigaretta, e consumo di bevande zuccherate sono stati collegati a telomeri più corti. Inoltre è stato dimostrato che stress ossidativo e infiammazione accelerano l’accorciamento di queste strutture. Dato che frutta, verdura e noci, componenti chiave della dieta mediterranea, sono anti-ossidanti e anti-infiammatori naturali, i ricercatori, coordinati da Immaculata De Vivo, hanno voluto esaminare se questo stile alimentare possa essere associato in qualche modo alla lunghezza dei telomeri. Sono state analizzate 4.676 donne di mezza età in buona salute che hanno compilato questionari su stile di vita e alimentazione. È emerso che le donne che basano la loro alimentazione sulla dieta mediterranea hanno telomeri più lunghi. Il prossimo passo sarà determinare se ci sono alimenti in particolare della dieta mediterranea che influiscono sulle regioni terminali dei cromosomi.

Dr. R Daniele Di Santo – Nutrizionista – Brescia

Lollipop diet, la dieta del lecca-lecca – Dr. R Daniele Di Santo

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Pare che l’ultima frontiera delle diete sia la Lollipop diet, la dieta dei lecca- lecca. La seguirebbero, come riporta l’edizione online del quotidiano britannico Telegraph, una nutrita schiera di celebrities, da Britney Spears a Paris Hilton, passando per Madonna. In realtà non si tratta di semplici lecca-lecca normali, ma di lecca-lecca speciali che danno sazietà riducendo appetito, e che contengono tre ingredienti per la perdita di peso: hoodia, un estratto vegetale sudafricano usato da gruppi indigeni per sopravvivere nel deserto, Citrimax, noto anche come Hca , derivato dalla pianta garcinia camboya e guaranà, una fonte naturale di caffeina. L’indicazione e’ consumarne tre al giorno, prima dei pasti principali. Quella della Lollipop diet e” solo l’ultima stranezza in fatto di diete delle star: l’attrice Jennifer Aniston seguirebbe infatti la cosiddetta “baby food diet” a base di omogeneizzati, mentre la cantante Beyoncé sarebbe una seguace della “dieta dello sciroppo d’acero”, un mix di sciroppo d’acero, pepe di Caienna e succo di limone. E se gli esperti si dicono dubbiosi sull’efficacia di queste diete, un regime alimentare ipocalorico sembra essere comunque quasi una necessità per molte donne: secondo un recente sondaggio citato dal Telegraph in media una donna passa a dieta 31 anni della propria vita, e arrivate a 45 anni molte hanno già sperimentato (e in diversi casi abbandonato) 61 diete diverse. Non male, no?

Dr. R Daniele Di Santo

La dieta per prevenire l’influenza e per la convalescenza – Dr. R Daniele Di Santo

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Con l’arrivo dell’inverno arrivano anche i primi malanni di stagione. Per prevenire l’influenza è fondamentale rafforzare le proprie difese immunitarie. Un grande aiuto può sicuramente arrivarci dall’alimentazione, anche se già colpiti dall’influenza.Tra dolori articolari e muscolari, febbre e disturbi vari, spesso non si pensa a mangiare, invece, per superare velocemente una malattia leggera, ma debilitante, come l’influenza, è fondamentale scegliere la dieta adatta.

Una dieta per l’influenza deve essere sicuramente leggera, digeribile ma allo stesso tempo nutriente, in modo da poter reintegrare molte delle sostanze nutritive perse ed importanti per le nostre difese. Infatti durante i primi tre giorni dell’influenza, ovvero quei giorni in cui spesso tralasciamo il mangiare, è importante seguire alcuni utili consigli.

Il primo consiglio è, naturalmente, di mettersi a letto, a riposo, e praticare una terapia sintomatica preferibilmente consigliata dal proprio medico di famiglia, bere molta acqua a temperatura ambiente, consumare alimenti ricchi di vitamina C (soprattutto agrumi e kiwi), preferire tra gli alimenti proteici le carne bianche ed il pesce in quanto più facilmente digeribili. Nella dieta, deve essere presente ogni giorno anche la pasta”. I carboidrati complessi della pasta, infatti, costituiscono la principale fonte di energia per il cervello, per i muscoli, per i globuli rossi e per l’organismo e rappresenta dunque il carburante indispensabile per svolgere le attività quotidiane”.

La pasta “è preferibile condirla con olio extravergine di oliva e pomodoro pelato fresco, ottime fonti di vitamine (A, C, E) e di antiossidanti, in particolare di licopene, presente in quantità maggiore nel pomodoro cotto. Con l’aggiunta nel condimento di proteine di origine animale (per tonno o carne trita o pesce sminuzzato) si rende il pasto equilibrato da un punto di vista nutrizionale e si permette di recuperare le masse muscolari perse con la scarsa attività fisica svolta”.

Nel periodo di convalescenza inoltre potrebbe essere utile integrare l’ assunzione di miele, polline e pappa reale. Quest’ultima è un prodotto dalle eccezionali proprietà, ricco di vitamine del gruppo B, sali minerali, stimola l’appetito e dà tono e vigore all’organismo. Spesso venduta in flaconcini e spesso associata al mirtillo noto antiossidante.

Dr. R Daniele Di Santo

DIETE FAMOSE, SERVONO DAVVERO? – Dr. R Daniele Di Santo

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Lanciano mode, trovano testimonial famosi che contribuiscono a renderle popolari oppure semplicemente fanno colossali investimenti in pubblicità. E siccome spesso danno i primi risultati in tempi rapidi anche il passaparola fa la sua parte nel decretarne il successo. Le diete famose però in molti casi sembrano studiate con il solo scopo di arricchire chi le ha create.

Dieta Dukan
Come funziona: Alla base di tutto c’è un classico che imperversa in varie forme già dagli anni 70: la dieta iperproteica, che il medico francese Pierre Dukan ha rimaneggiato presentandola come se fosse una novità assoluta con il suo copyright. La dieta è divisa in 4 fasi: attacco (solo proteine), crociera (proteine più verdure), consolidamento (con carboidrati), stabilizzazione (con l’ntroduzione di 3 cucchiai di crusca al giorno).
Punti forti: Nessuno.
Punti deboli: Poche fibre, troppi grassi di origine animale, l’apporto dei nutrienti è completamente  sbilanciato. Se protratta a lungo può far male alla salute.

Paleodieta
Come funziona: Il principio a cui si ispira è quello di tornare a mangiare come gli uomini delle caverne, prima della scoperta dell’agricoltura. Prevede il consumo di molte carni magre e pesce (ma non quelli grandi come spada e tonno), frutti di mare, frutta secca e fresca e verdura. Niente cereali, zuccheri raffinati, patate, legumi, latticini. Eliminati anche tutti i cibi industriali, caffeina e alcool.
Punti forti: Nessuno.
Punti deboli: Gli apporti di carboidrati e proteine sono sbilanciati ed è molto facile superare il livello massimo di assunzione giornaliera di colesterolo. Inoltre consumare oltre 500 g di carne rossa alla settimana aumenta l’incidenza del cancro al colon-retto.
Dieta Atkins
Come funziona: Prevede 4 fasi: approccio, perdita di peso, premantenimento e mantenimento definitivo. Il principio di base è la chetogenesi, il meccanismo che permette di ricavare energia da proteine e grassi, in carenza di carboidrati.
Punti forti: Nessuno.
Punti deboli: Prevede un pessimo equilibrio tra i nutrienti e non aiuta chi la segue a imparare uno stile alimentare equilibrato da seguire per il resto della vita. Siccome dà risultati rapidi incoraggia a non abbandonarla, ma non è sostenibile a lungo e c’è il rischio concreto di riprendere i chili persi una volta smessa.
Tisanoreica
Come funziona: È ipocalorica, iperproteica e quindi chetogenica. Il principio è simile quello di tutte le altre diete che si basano sull’assunzione quasi esclusiva di proteine: in assenza di carboidrati l’organismo trae energia dai grassi. Per questo all’inizio diete come questa fanno perdere chili rapidamente. Consiste in tre fasi: intensiva (totalmente priva di carboidrati, compresi gli zuccheri della frutta), di stabilizzazione e di mantenimento.
Punti forti:Nessuno.
Punti deboli: Oltre al totale sbilanciamento tra nutrienti, c’è il fatto che 4 dei 5 pasti quotidiani sono prodotti a marchio Tisanoreica. Complicata e costosa da seguire,

La zona
Come funziona: L’obiettivo è mangiare in modo che l’insulina resti costante nel sangue . Usa un metodo a blocchi in base al quale ogni pasto è così ripartito: 40% di carboidrati, 30% grassi e 30% di proteine circa. Non bisogna restare mai più di 5 ore a digiuno. Ci sono tabelle che classificano gli alimenti in scelte ottime, accettabili o sfavorevoli e altre che riportano le quantità di alimento con l’equivalenza in blocchi.
Punti forti: Nessuno.
Punti deboli: La dieta è difficile da seguire, per semplificarla esistono prodotti a marchio Zona ed Enerzona che però la rendono costosa. L’equilibrio tra i nutrienti è sbilanciato a favore delle proteine e a discapito di carboidrati e fibre.

Dieta Pesoforma
Come funziona: Prevede la sostituzione di uno dei pasti principali con un pasto sostitutivo a marchio
Pesoforma (barrette, panini, dessert di vario tipo). Si può creare una dieta con una serie di alimenti selezionati da una lista di quelli concessi presente sul sito, a condizione che l’apporto calorico giornaliero rimanga tra 1.000-1.200 kcal.
Punti forti: Promuove il consumo di frutta e verdura.
Punti deboli: Prevede l’assunzione di prodotti a marchio, che peraltro contengono ingredienti di scarsa qualità nutrizionale, per esempio prosciutto e formaggio in polvere, oli vegetali non meglio specificati e fruttosio. Non insegna i principi di una corretta alimentazione.

Dieta dell’indice glicemico
Come funziona: L’indice glicemico (IG) misura la capacità di un alimento contenente carboidrati di alzare i livelli di glucosio nel sangue. Al glucosio puro è stato assegnato il valore 100. Gli IG vengono generalmente classificati in 3 categorie: bassi (IG<35), medi (35<IG<50) e alti (IG>50). La dieta punta sul consumo di cibi a indice glicemico medio-basso per perdere i chili in eccesso.
Punti forti: Invita a mangiare alimenti integrali. Inoltre il consumo di alimenti a basso indice glicemico sembra avere un ruolo nella prevenzione di alcune patologie. Mancano però conclusioni definitive in merito.
Punti deboli: Non esiste una lista di indici glicemici degli alimenti validata scientificamente. E l’IG può essere influenzato da molti fattori, tra cui la modalità di cottura, il tipo di lavorazione, la presenza nello stesso pasto di altri nutrienti, come grassi e proteine.

Dieta del gruppo sanguigno
Come funziona:  È basata sull’eliminazione di determinati gruppi di alimenti esclusivamente in base al proprio gruppo sanguigno.
Punti forti: Nessuno.
Punti deboli: Si basa su teorie prive di fondamento scientifico. Escludendo interi gruppi di alimenti si rischiano carenze nutrizionali. In particolare, chi ha gruppo sanguigno 0 potrebbe essere soggetto a rischi maggiori, in quanto si incoraggia il consumo di carne (anche rossa).

Dr. R Daniele Di Santo

Dimagrire, errori e trucchi – Dr. R Daniele Di Santo

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Proseguiamo il nostro viaggio tra i chili di troppo scoprendo quali sono i sette errori che si commettono più di frequente e quali sono i sette trucchi che vi aiuteranno a togliervi di dosso i chili di troppo.

I 7 errori da evitare sono:
1 Digiunare. Non è una buona idea perchè rallenta il metabolismo e ci mette a rischio di attacchi di fame nei quali finiremmo col mangiare alimenti ipercalorici, spesso i più facilmente disponibili.

2 Diete per tutti.  State alla larga da quelle che si trovano sulle riviste oppure online e che sono rivolte a un pubblico generico al quale promettono di far perdere un certo numero di chili in un dato tempo.
3 Obiettivi troppo ambiziosi. Siate sempre realisti sul peso che potrete riuscire a perdere in un dato tempo e dimenticate come eravate a 18 se di anni ne avete 50. Per regolarvi meglio consultare un nutrizionista, che saprà indirizzarvi verso un obiettivo plausibile.
4 Diete lampo.  Ricordate che il peso va perso lentamente, non più di un chilo alla settimana. In ogni caso non scendete mai sotto le 1.200 Kcal al giorno.
5 No carboidrati e simili.  Eliminare interi gruppi alimentari, per esempio i carboidrati, per vedere risultati più rapidi è un errore. I nutrienti servono tutti, nelle giuste dosi. E poi la monotonia è nemica delle buone intenzioni.

6 L’aiutino. È sbagliato affidarsi a integratori e sostitutivi del pasto come panacea per perdere peso: occorre cambiare il modo di mangiare per ottenere risultati.
7 Niente moto. Non si può confidare solo nella dieta per poter dimagrire. Assumere meno calorie non basta, bisogna anche bruciarne di più con il movimento.

Ed ecco invece i sette trucchi d’oro per dimagrire.

1 Il diario. Prendere nota di quello che si mangia per qualche giorno aiuta a capire quali sono gli errori ricorrenti nell’alimentazione. E a tenere traccia di tutte quelle calorie “fantasma” che ingeriamo senza rendercene conto.
2 tre pasti e due spuntini. Cibo sano a portata di mano: carote, frutta, yogurt magro da mangiare come spuntini tra i 3 pasti principali, a metà mattina e a metà pomeriggio, aiutano a combattere la fame, fornendo nutrienti importanti senza troppe calorie.

3 Movimento. Va inserito nella vita di tutti i giorni, perché, se non si bruciano più calorie, dimagrire diventa davvero molto difficile. Servirebbero almeno 30 minuti quotidiani di attività fisica moderata.
Muovetevi a piedi ogni volta che potete, scegliete la strade più lunga quando avete tempo, fate le scale e approfittate del weekend per fare sport, anche con la famiglia. Tenere traccia del lavoro svolto aiuta e motiva, perciò comprate un contapassi e prefiggetevi di fare almeno 5.000 passi al giorno per arrivare gradualmente a 10.000, considerati l’optimum per la salute (e anche per la linea).

4 Sazietà. Attenetevi alle vostre porzioni senza superarle. Una volta finito il pasto, alzatevi subito da tavola per evitare di continuare a mangiucchiare in attesa del senso di sazietà.

5 Calibrare i pasti. Dalla colazione dovete ricavare il 20-25% dell’apporto calorico giornaliero. È dimostrato che saltarla spinge a mangiare più abbondantemente a pasti successivi. Evitate le cene abbondanti e a ora tarda.
6 Condimenti. Non sottovalutate l’apporto calorico che deriva dai condimenti: per un piatto di insalata basta un cucchiaio di olio di oliva.

7 Bilancia. Deve essere un’alleata non una nemica: pesatevi solo una volta alla settimana per registrare i vostri progressi e non fatela diventare un’ossessione.

Nel prossimo articolo, visto l’enorme interesse, vi parlerò delle diete famose, andando a focalizzarci su quelli che sono i punti di forza (?) e invece i punti deboli.

Dr. R Daniele Di Santo

Fai pace con la bilancia – Dr. R Daniele Di Santo

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Se nella nostra società da una parte l’obesità incalza, dall’altra aumentano di pari passo modelli di una magrezza malsana. Rimane sempre più difficile quindi capire qual è il giusto peso al quale dovremmo puntare e qual è il modo migliore per ottenere risultati duraturi.

Tutti ricercano il proprio peso forma, anche se non sanno poi troppo bene che cosa sia. Quanti chili ciascuno di noi dovrebbe realmente perdere per arrivare all’ideale? Per molti di voi probabilmente la risposta è neanche uno. Già, perché per giusto peso non si intende quello degli attori di Hollywood o delle modelle delle sfilate.
Esiste uno strumento molto facile da usare per capire se si è troppo magri, normali, in sovrappeso o addirittura obesi. È l’indice di massa corporea, che si ottiene dividendo il proprio peso espresso in chili per il quadrato della propria altezza espressa in metri.

IMC

Ad esempio una donna che pesa 55 chilogrammi ed è alta 1,60 metri dovrà calcolare 55/1,60×1,60. Il suo IMC è pari a 21,5. Attraverso questa semplice tabella potrete verificare il vostro IMC.

tabella_bmi

Sono molte in Italia le persone, soprattutto donne, convinte di essere in sovrappeso mentre in realtà non lo sono affatto. La colpa è spesso di modelli distorti, un’ideale di magrezza al quale si aspira senza domandarsi se sia sensato raggiungerlo, se sia fattibile e soprattutto se sia sano.
Se il calcolo dell’IMC vi ha dato un risultato compreso nell’intervallo tra 18,5 e 25, è davvero giunta l’ora di fare pace con la bilancia. Per voi dimagrire è un vezzo, non una necessità. Mangiate sano, non fatevi mai mancare frutta e verdura e fate movimento ogni volta che potete, perché questo stile di vita vi farà stare bene, ma non preoccupatevi di veder scendere l’ago della bilancia.

Se siete tra coloro che superano la fascia di peso normale, è il momento di correre ai ripari. Quello delle diete e dei prodotti dimagranti è un mercato decisamente florido che non conosce crisi. Spesso il messaggio che passa è che basta pagare (comprare il libro della nuova dieta alla moda, l’integratore che limita l’assorbimento dei grassi, la crema che snellisce le gambe) e tutto si può ottenere facilmente. La realtà è che senza un cambiamento di stile e di vita che coinvolga l’alimentazione e il movimento non si raggiungono risultati duraturi. Occorre imparare a mangiare nel modo corretto e non abbandonare più la giusta via.

Nel prossimo articolo parleremo dei 7 errori da evitare e dei 7 trucchi per raggiungere il nostro peso forma…

Dr. R Daniele Di Santo

Attenzione agli additivi alimentari (conservanti, coloranti, aromi, ecc.) Dr. R Daniele Di Santo

additivi

Cosa sono gli additivi alimentari? Sono una sorta di cosmetici dei cibi, utilizzati dall’industria alimentare al fine di migliorarne l’aspetto ed il sapore e spesso per farli durare più a lungo. Ma con quali conseguenze per la salute? Gli additivi vengono classificati con delle lettere e dei numeri e nello specifico quelli ammessi sono più di 300, tra conservanti (da E 200 a E 285), coloranti (da E 100 a E 180), esaltatori di sapidità (da E 620 a E 650), emulsionanti e addensanti (da E 400 a E 495 e da 1200 a 1451), antiossidanti (da E 300 a E 392), edulcoranti (da E 950 a E 968 più E 420 ed E 421).

C’è assolutamente da dire che in molti casi la loro presenza garantisce igiene e sicurezza dei prodotti; non è però questo il caso dei coloranti, il cui unico scopo è di simulare la presenza massiccia di ingredienti che invece scarseggiano.

Uno studio inglese condotto per conto della Food Standards Agency nel 2007 ha messo per la prima volta in relazione il consumo di alimenti contenenti coloranti e la condotta iperattiva nei bambini. Oltre a un conservante (l’E211, benzoato di sodio), riportiamo di seguito una lista di coloranti che potrebbero avere effetti indesiderati sulla psiche dei più piccoli. Evitate bibite e alimenti che li contengono:
– E 102 Tartrazina;
– E 104 Giallo di chinolina;
– E 110 Giallo tramonto FCF, giallo arancio S;
– E 122 Carmoisina;
– E 124 Ponceau 4R, rosso cocciniglia;
-E 129 Rosso allura AC.

Ma il vero pericolo per il consumatore consiste nell’effetto cumulativo, soprattutto per i bambini che, a causa del loro peso ridotto, corrono maggiori rischi di raggiungere rapidamente la dose giornaliera accettabile di additivi.

I produttori hanno cominciato a sfruttare diciture come “senza conservanti”. In realtà l’assenza di un certo tipo di additivi non esclude la presenza di altri: se non ci sono conservanti, possono comunque esserci coloranti, perciò è sempre meglio leggere la lista degli ingredienti.Accanto ai coloranti ai conservanti ci sono gli antiossidanti, i correttori di acidità, gli addensanti, gli edulcoloranti e gli esaltatori di sapidità. Anche gli aromi si aggiungono agli alimenti per motivi tecnologici.

La presenza degli additivi negli alimenti è rigorosamente regolamentata e controllata. Infatti, prima di poterli utilizzare nella produzione di prodotti alimentari, devono essere sottoposti ad approfonditi studi tossicologici.
Inoltre, la legge stabilisce sia le tipologie di alimenti in cui l’additivo può essere aggiunto che le quantità massime che i produttori possono utilizzare. Tutto questo ha lo scopo di evitare che con l’alimentazione abituale si superino le dosi giornaliere ammissibili di queste sostanze.
Esistono anche  additivi che si temono senza alcun motivo, come i conservanti. Non si sa perché, ma mettono paura. Quando in realtà non sono certo più pericolosi di altre sostanze.  È una buona abitudine  preferire prodotti privi di conservanti, ma più per motivi di qualità che di sicurezza. L’assenza di conservanti è spesso sinonimo di maggiore  attenzione da parte del produttore alla scelta degli ingredienti e al processo produttivo.
Le sostanze aggiunte agli alimenti più pericolose di quanto sembri o si sappia sono gli aromi. Chi legge le etichette dei cibi confezionati lo sa: gli aromi sono ovunque. Quello che non tutti sanno è che dietro questa parola di cinque lettere ci sono circa tremila sostanze (per esempio, la caffeina: al di sotto di una certa quantità, è considerata semplicemente aroma). Alcune le conosciamo, altre sono poco note e altre ancora sono allo studio.
Se per tutte le altre categorie di additivi la sicurezza d’uso si valuta sulla base di importanti banche dati tossicologiche, così non è per gli aromi. In questo caso, le valutazioni sono più grossolane, perché si hanno pochi dati sia sulle quantità presenti negli alimenti che sulle specifiche caratteristiche tossicologiche di ognuno di loro.
Per fare chiarezza sugli aromi, la Commissione europea ha istituito un registro degli aromi che le industrie devono usare e ha incaricato l’Efasa, ossia l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, di studiarne la sicurezza d’uso.
Sulla base di questo lavoro, la Commissione stabilirà una lista positiva in cui saranno presenti solo gli aromi autorizzati.

Nel prossimo articolo parleremo di quale dieta seguire per ritrovare il giusto peso e di come far pace con la bilancia.

Dr. R Daniele Di Santo – Nutrizionista – Brescia

Come pulire la cucina – Dr. R Daniele Di Santo – Nutrizionista – Brescia

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Continuando il nostro percorso tra le regole per mangiare sano non poteva mancare un articolo sulla sicurezza
alimentare sapendo che molti pericoli si nascondono nella nostra cucina. La pulizia di contenitori e piani di lavoro, la manutenzione degli elettrodomestici e alcuni semplici accorgimenti nella gestione dei cibi possono prevenire disturbi legati al proliferare di muffe e batteri.

Ecco i punti fondamentali per avere una cucina davvero pulita:
1 Cappa e fornelli: La cappa va pulita ogni due mesi, e il filtro va sostituito altrettanto spesso: i grassi dei cibi possono fare da tappo e diminuire l’efficacia di aspirazione. I fornelli vanno liberati da eventuali residui di cibo, potenziale
ricettacolo di germi, appena i fuochi si sono raffreddati.

2 Avanzi: Non lasciateli fuori dal frigo una notte intera. Meglio far raffreddare la pentola immergendola in acqua fredda per qualche minuto e poi riporre gli avanzi in frigo per evitare la proliferazione di batteri.

3 Piano di lavoro: È la superficie sulla quale prepariamo i cibi, perciò deve essere sempre pulitacon acqua calda e sapone dopo l’uso. In caso di contatto con carne o uova crude, meglio usare un po’ di candeggina diluita.
4 Taglieri: Usate taglieri separati per alimenti che vanno cotti e alimenti che si mangiano crudi (uno per carne e pesce e uno per le verdure). Vanno lavati dopo ogni uso con acqua calda e sapone. La plastica è preferibile al legno, nelle cui incisioni possono annidarsi microbi.

5 In dispensa: I cibi in scatola appena comprati vanno collocati dietro a quelli acquistati da più tempo, che vanno consumati per primi.

6 Panni e spugne: Usate due spugnette diverse per la pulizia delle stoviglie e delle superfici della cucina. Lavatele, anche in lavastoviglie, e sostituitele frequentemente. I canovacci vanno cambiati almeno due volte a settimana.

7 Pattumiera: Meno la toccate meglio è. Collocatela in un secchio chiuso con apertura a pedale o con coperchio che si solleva aprendo lo sportello della cucina. Il secchio va pulito con regolarità così come il vano che lo ospita, dove non andranno conservati alimenti di nessun tipo, nemmeno latte d’olio o bottiglie di minerale.

8 Lavare e cuocere: Sciacquate frutta e verdura tre volte, la prima con l’aggiunta di una dose di bicarbonato per eliminare i batteri. Cottura e riscaldamento degli alimenti andrebbero fatti sempre sopra i 70 °C, una temperatura che uccide la maggior parte dei batteri.

9 In frigo: Nei cassettoni conservate frutta e verdura a circa 8 °C. I ripiani più bassi sono quelli più freddi, sui quali devono trovare posto gli alimenti più deperibili come carne e pesce (2-3 °C). Sui ripiani più alti si possono collocare salumi e cibi cotti e poi uova

Nel prossimo numero parleremo dei rischi che arrivano dagli additivi alimentari.

Dr. R Daniele Di Santo

Sale, Zuccheri e Grassi – Dr. R Daniele Di Santo

Quando leggiamo le etichette, spesso concentriamo la nostra attenzione su alcuni parametri come il contenuto calorico, ma raramente osserviamo altri valori che sono di cruciale importanza. La scelta migliore sarebbe sempre quella di selezionare il prodotto non solo che ha meno contenuto di grassi, soprattutto saturi, ma anche di zucchero e di sale.

Un alimento è a basso contenuto di grassi se non ne contiene più di 3 grammi su 100; è a basso contenuto di grassi saturi, se non ne ha più di 1,5 grammi. Bisognerebbe limitare il consumo di grassi saturi, presenti principalmente nei prodotti di origine animale e nei latticini e che spesso si nascondono anche in prodotti da forno e merendine sotto forma di oli vegetali.

I grassi insaturi, invece, sono importanti per l’organismo e sono presenti nell’olio di oliva, di arachide, di colza e di semi. Infine gli acidi grassi omega-3, di cui è importante fare scorta, si trovano soprattutto nel pesce, in particolare in sardine, aringhe, salmone, sgombro e tonno, ma anche nell’olio di colza, di germe di grano, di soia e nelle noci.

Particolare attenzione deve esserci per una classe di grassi: i grassi idrogenati. Gli acidi grassi “trans”, che possono formarsi nel processo di idrogenazione dei grassi, fanno male alla salute. L’industria alimentare pubblicizza la loro assenza per presentare i propri prodotti come “più sani”, ma così facendo al consumatore viene detta solo una mezza verità. I prodotti che si vantano di non contenere grassi idrogenati, infatti, spesso contengono oli vegetali di scarsa qualità, con un alto tenore dei grassi saturi, sostituendo un problema con un altro.

Spesso su prodotti da forno e snack salati compare in bella vista la dicitura “olio vegetale”: cosa può nascondersi dietro questa affermazione dal suono salutista?

Materie prime di origine vegetale che però sono ricchissime di grassi saturi, che fanno male alla salute. L’olio di palma, di una consistenza semisolida che lo rende perfetto per le preparazioni industriali, contiene il 48% di grassi saturi. L’olio di palmisto, estratto dalla noce del frutto e non dalla polpa, può essere presente nei prodotti industriali e ha un contenuto di grassi saturi che raggiunge l’84%.

L’olio di cocco, usato nell’industria dolciaria, contiene più grassi saturi del burro: 92%.

Tutt’altro discorso va fatto per gli oli ottenuti da semi di soia, mais, arachide e girasole, che contengono soprattutto acidi grassi polinsaturi omega -6. Il loro tenore in grassi saturi è basso: tra il 12% e il 19%. L’olio extravergine d’oliva ha un contenuto molto elevato di grassi monoinsaturi, benefici per la salute, e un bassissimo contenuto di saturi: 15%.

Per quanto riguarda gli Zuccheri, occhio a quelli nascosti. Un prodotto è a basso contenuto di zuccheri quando ne contiene meno di 5 grammi su 100. Una recente indagine ha passato in rassegna oltre 100 prodotti sulle cui confezioni campeggiano slogan riferiti al contenuto di zuccheri e ha verificato che 40 di loro fanno affermazioni ingannevoli.

Spesso si tratta di prodotti per la prima infanzia a base di frutta, sui quali campeggia la scritta “senza zuccheri aggiunti”. In realtà si aggiunge succo concentrato di mela proprio per dolcificare il prodotto, quindi la dichiarazione in etichetta è ingannevole.

Un altro caso classico è quello di succhi e bibite, sempre a base di frutta, quindi sempre ben forniti di zuccheri già in partenza, di cui però si sottolinea l’assenza di quelli aggiunti con ampio uso di diciture “light” o “diet” per far credere che si tratti di prodotti ipocalorici.

Infine, dal momento che anche gli additivi fanno paura, c’è addirittura chi adotta la strategia opposta, pubblicizzando l’assenza di aspartame e di altri dolcificanti artificiali, ma rendendo difficile per il consumatore capire se lo zucchero sia o meno presente. Scritte di questo tipo danno l’illusione di fornire informazioni, ma di fatto creano confusione.

In Italia si consuma troppo sale: mediamente 12 grammi al giorno, più del doppio della quantità raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che consiglia di non superare i 5 grammi al dì (un cucchiaino da caffè). E in effetti consumare 5 grammi in meno di sale al giorno significa ridurre del 23% il pericolo di avere un ictus e del 17% il rischio di malattia al cuore. Non è facile, però, capire quanto sale si consuma.

Ne assumiamo la maggior parte mangiando pane e prodotti da forno: ne contengono meno rispetto a salumi e formaggi, ma ne consumiamo in quantità molto maggiori. Per limitarne l’assunzione, prima di tutto abituatevi a usarne progressivamente sempre meno per cucinare e condire le pietanze. Moderate anche l’uso di condimenti ricchi di sodio, come i dadi, le salse e la maionese, e preferite spezie ed erbe aromatiche per aggiungere sapore ai piatti. Infine, è opportuno ridurre il consumo di alimenti trasformati tipicamente ricchi di sale, come gli snack, le patatine, salumi e formaggi e i cibi pronti o in scatola.

La maggior parte del nostro consumo di sale deriva da pasti consumati fuori casa e piatti pronti. Tra i principali alimenti responsabili dell’eccessivo apporto di sale c’è il pane. Benché ne contenga meno di altri cibi, come salumi e conserve o formaggi, se ne consuma molto di più.

Nel prossimo numero ci occuperemo dell’igiene della cucina e dove si nascondono i pericoli per la nostra salute alimentare.

Dr. R Daniele Di Santo